lunedì 29 luglio 2013

Vento

La Chiave.













L'ELOQUENZA DEL VENTO

E’ un attrazione forte, concepire la paura, speranza al di là di noi pensieri come abissi, vuoti e insufficienti, sperimento ragione con i fili nel cervello.
Sono nato all'interno di un altro, i nervi vibrano come raggi, i nostri occhi si fondono tra labbra di ghiaccio; immobili desideri tremanti e ardenti caldo sangue dal petto, vincoli e sanzioni collegano l'uomo a tendenza sviluppo e natura.

Somme e somiglianze arcaiche, vago interno alla natura intellettuale miniatura del mio io cosciente, condanno o disprezzo prototipi ideali eccellenti o ben concepiti come natura umana, essere esterno a me come ritratto assemblato, minuta particella composto BIOLOGICO, forma di purezza e luminosità, paradossalità chimiche dell'anima.

Descrivo un cerchio intorno al paradiso che il dolore e il male non oso oltrepassare.
Entusiasmo sensazioni, anticipo comprensione, stimo in modo chiaro immaginazione e peculiarità sottili, delicato e lieto di amare un amore da svolgersi in segreto; un telaio di nervi come accordi e note infilate in una voce deliziosa.

Ballare con le vibrazioni in proporzione alle alterne richieste, questo è il punto invisibile e irraggiungibile per cui tutto tende, spingono avanti i poteri dell'uomo per arrestare le pallide ombre senza possesso non c'è riposo né tregua nel mondo dei governi. In solitudine deserto pur circondato da esseri umani simpatici, i fiori, l'erba, le acque, e il cielo sono movimento a primavera, nell'aria azzurra trovano corrispondenze segrete con il nostro intelletto.
C'è eloquenza nel vento senza lingua, e una melodia che scorre nei ruscelli il fruscio delle canne accanto al rumore relaziono, qualcosa di inconcepibile, risveglio lo spirito come danza di rapimento senza fiato, e porto lacrime misteriose come tenerezza per gli occhi, entusiasti del successo amniotico.

Sono un cipresso all'ombra di un deserto; un potere morto; li divento sepolcro vivente e ciò che sopravvive ancora: è la buccia semplice di quello che una volta era.

Enrico Marra

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